Decreto Lavoro 2023 del 1° maggio: dal taglio al cuneo alle assunzioni, ecco cosa ci sarà.
Il Consiglio dei ministri del Primo maggio: come cambia il lavoro
Il Decreto Lavoro dovrebbe emettere il primo vagito il primo maggio, durante il Consiglio dei ministri previsto nel giorno della Festa del Lavoro. Si tratterà di un decreto legge di oltre quaranta articoli con l’obiettivo ambizioso di riscrivere, appunto, le regole del mondo del lavoro.
Da un lato si tenterà di aumentare le buste paga dei lavoratori con redditi medio-bassi (taglio di un punto del cuneo fiscale fino a 35 mila ero) grazie ai 3,4 miliardi ritagliati dal Def; dall’altro si dirà addio al Reddito di cittadinanza e si supererà il Decreto dignità per i contratti a termine. Si tenterà di mettere mano ai contratti a termine, alle assunzioni agevolate degli under 30 e alle uscite per prepensionamento. Vediamo più in dettaglio.
Taglio del cuneo fiscale, gli effetti sugli stipendi
Nei giorni scorsi, alcuni ministri hanno aperto alla possibilità di un taglio del cuneo fiscale anche di due punti. Qui, ci limitiamo a quanto inserito nel Def. Il governo Meloni aveva ereditato da Draghi il taglio del cuneo del 2%, per i redditi tra 25 mila e 35 mila euro, e del 3% per quelli inferiori ai 25 mila euro. Ora, se si aumenterà di un punto percentuale (4% fino a 25 mila euro e 3% fino a 35 mila), avremo un ulteriore miglioramento, anche se modesto. Chi ha un reddito di 20 mila euro vedrebbe un nuovo risparmio di circa 11 euro al mese, mentre l’aumento in busta paga sarebbe di quasi 14 euro per chi ha un reddito di 25 mila euro. Si superano di pochi centesimi i 15 euro in più in busta paga per i redditi di 30 mila euro, che salgono a quasi 16 euro e mezzo per chi guadagna 35 mila euro all’anno. Il taglio sarebbe in vigore da maggio fino a dicembre. Sul prossimo anno, invece, ora getta una lunga ombra la riforma del Patto di stabilità. Se passasse l’ipotesi che prevede per l’Italia una riduzione del debito di 14-15 miliardi l’anno (pari allo 0,85% del Pil) in caso di un piano di riduzione dell’indebitamento in 4 anni o, se in 7 anni, con un aggiustamento dello 0,45% del Pil, pari a 8 miliardi all’anno, è evidente che sarebbe molto difficile reperire i finanziamenti per un nuovo taglio del cuneo fiscale nel 2024.
Addio al Rdc: arriva la Gil…
L’avversione della premier Meloni verso il Reddito di cittadinanza è cosa nota. E così, nella riforma del sussidio ai poveri, il vecchio Reddito di cittadinanza a partire dal 2024 sarà spacchettato. Il come è ancora da definire dato che il testo in queste ore è in aggiornamento. La bozza di decreto circolata nell’ultima settimane verteva sull’introduzione della Garanzia per l’Inclusione (Gil), della Prestazione di Accompagnamento al Lavoro (Pal) e della Garanzia per l’attivazione lavorativa (Gal). Ma queste ultime potrebbero saltare come anticipato da Enrico Marro sul Corriere.
Vediamo in cosa consistono però i tre strumenti partendo dalla Gil, la Garanzia per l’inclusione. Potranno richiederla i nuclei familiari con almeno un componente che sia minorenne o over 60 o con disabilità o invalido civile. Il nucleo familiare dovrà poi avere un Isee non superiore a 7.200 euro (qui il nuovo calcolo dell’Isee secondo l’Inps), un reddito familiare non superiore a 6 mila euro annui, un patrimonio immobiliare diverso dalla prima casa, non superiore a 30 mila euro, un patrimonio mobiliare non superiore a 10 mila euro. La famiglia non deve poi possedere navi, imbarcazioni da diporto, auto superiori a 1.600 c.c. o moto sopra i 250 c.c. Il beneficio arriva fino a 6 mila euro l’anno, 500 euro al mese (aggiornato alla scala di equivalenza) e può essere integrato fino a 3.360 euro (280 euro al mese) come contributo affitto. La misura, secondo le previsioni del governo, riguarderà circa 709 mila nuclei familiari.
…e la Gal
Chi non ha i requisiti per la Gil, ma ha un’età tra 18 e 59 anni e si trova in condizione di povertà assoluta, con un Isee non superiore a 6 mila euro, dovrebbe avere la Gal, la Garanzia per l’attivazione lavorativa. Il sussidio dura al massimo 12 mesi e non può essere rinnovato. L’importo massimo è fissato a 350 euro per il primo componente della famiglia e a 175 euro per il secondo, per un totale in caso di assenza di reddito di 525 euro al mese. Non sono previste aggiunte per gli ulteriori componenti e non c’è possibilità di rinnovo. Il beneficiario della Gal, una volta sottoscritto il patto di attivazione digitale, è tenuto ad aderire ad un percorso personalizzato di inserimento lavorativo, mediante la sottoscrizione di un patto di servizio personalizzato.
La Pal
Infine, per i beneficiari dell’Rdc che, al momento della scadenza dei 7 mesi di sussidio previsti per quest’anno, hanno sottoscritto un patto per il lavoro e sono inseriti in misure di politica attiva, il governo aveva ipotizzato una misura transitoria in attesa della Gal. Si tratta della Prestazione di accompagnamento al lavoro (Pal): 350 euro al mese dal primo settembre 2023. La platea stimata dal Ministero comprende 213 mila persone di 154 mila nuclei familiari. Come detto però il governo potrebbe decidere in questi giorni per una stretta salvando solo la Gil per chi non può lavorare.
Sussidi, le nuove regole
Per chiedere il sussidio di povertà viene abbassato da 10 a 5 anni il requisito della residenza in Italia. La bozza prevede al momento anche un inasprimento della sanzioni per dichiarazioni false e truffe con pene da due a sei anni di carcere.
Contratti a termine, più facile prolungarli
L’altro intervento riguarda il decreto legge Dignità, voluto nel 2018 dai 5 Stelle. Quel decreto aveva posto diversi paletti, stabilendo che il contratto a termine si poteva fare senza causali per non più di 12 mesi e si poteva prorogare al massimo per altri 12 solo in presenza di motivazioni dettate dalla legge riferite a esigenze oggettive e temporanee di aumento dell’attività. Con la riforma, ferma restando la possibilità di stipulare liberamente i contratti temporanei per i primi 12 mesi, per andare oltre scatterebbero nuove casuali che fanno riferimento a:
- esigenze previste dai contratti;
- motivi di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuati da aziende e sindacati;
- esigenze di sostituzione di altri lavoratori: i contratti a termine potranno essere così più facilmente prolungati da 12 a 24 mesi; si potrà arrivare fino a 36 mesi, ma servirà un passaggio agli uffici territoriali del ministero del Lavoro.
Aumentano le finestre per l’uscita anticipata dal lavoro
Vediamo allora di capire meglio cosa cambia o non cambia nell’universo pensionistico con il nuovo decreto: aumentano da due a tre le finestre per il pensionamento anticipato dei cosiddetti lavoratori «precoci» e corrisponderanno a quelle già previste per l’Ape sociale (31 marzo, 15 luglio e 30 novembre). Questa è la principale novità in materia previdenziale in arrivo nel decreto Lavoro. Non cambia nulla, invece, per Opzione donna: il governo ha infatti deciso di non introdurre l’allentamento dei requisiti per l’accesso introdotti dall’ultima legge di bilancio. Il testo del decreto però modifica il meccanismo che regola le «ricongiunzioni»: allineando il tasso di rendimento annuo previsto sui contributi a quello riconosciuto dal sistema contributivo (media quinquennale del Pil) e non ancorato all’attuale 4,5%. Infine, proroga di altri due anni per i «contratti di espansione», che permettono di andare in pensione anticipatamente per i lavoratori di imprese con almeno 50 dipendenti.
Stop ai vincoli del decreto Trasparenza
Nel nuovo decreto, il governo intende rimuove i vincoli per le aziende introdotti l’anno scorso col decreto Trasparenza. In soldoni, i datori di lavoro al momento dell’assunzione non dovranno presentare tutta una serie di documenti relativi al rapporto di lavoro, rimandando la consegna alla consultazione dei contratti.
Sgravi per chi assume i titolari di benefici
Le aziende che assumeranno a tempo indeterminato i beneficiari dei sussidi riceveranno per i i primi due anni uno sgravio fino a 8 mila euro annui. Incentivi dimezzati in caso di assunzione a termine. E riceveranno un premio, da 1.200 a 2.400 euro, anche le Agenzie private per ogni beneficiario collocato al lavoro.
Bonus assunzioni, l’imprenditore non paga il 60% dello stipendio
Fra le misure da inserire nel Decreto Lavoro, il nuovo sgravio contributivo per aziende che assumono giovani under 30 che non studiano e non lavorano (Neet). Si tratta di un incentivo pari al 60% della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali, riconosciuto per un anno (12 mesi) a fronte di nuove assunzioni effettuate a decorrere dal 1° giugno 2023 fino alla fine dell’anno.
Assegno unico maggiorato agli orfani di un genitore
L’assegno unico universale potrebbe essere incrementato di 30 euro al mese per i nuclei con Isee fino a 15 mila euro, nel caso uno dei due genitore sia deceduto. Attualmente la maggiorazione è riconosciuta per ciascun figlio minorenne presente in nuclei in cui entrambi i genitori siano percettori di reddito da lavoro. Anche in questo caso è pari a 30 euro mensili per i nuclei con un Isee pari o inferiore a 15 mila euro. Si riduce gradualmente per livelli di Isee superiori fino ad annullarsi in corrispondenza di un Indicatore pari o superiore a 40 mila euro(o in mancanza di Isee). Il nuovo decreto legge prevede l’estensione di questa maggiorazione a ciascun figlio minore di tutti quei nuclei in cui l’unico genitore presente sia titolare di reddito da lavoro e l’altro risulti deceduto.
Colf e badanti, cosa cambia per i contributi
Novità anche per colf e badanti. Nel decreto, dopo i recenti aumenti dei contributi, viene raddoppio l’importo dei contributi deducibili per chi assume i collaboratori domestici: si passa da 1.500 a 3 mila euro.